Cogliamo l’opportunità offerta dall’intervento di Francesco Tropeano al programma di Bruno Vespa Porta a Porta per parlare del mondo dell’usato con qualcuno che, forse, in quel contesto, non è stato ben capito. Nell’attuale panorama italiano stupisce sentire che ci sono ancora dei preconcetti rispetto al mondo dell’usato.
E allora abbiamo deciso di dare la parola proprio a Francesco, intervistandolo per capire bene come mai, dopo svariate esperienze, sia arrivato ad aprire un mercatino dell'usato. Di certo, come vedrete, non si tratta della sua ultima spiaggia!
Chi sei? Raccontaci un po’ di te.
Sono Francesco Tropeano, vivo a Messina e ho 32 anni. Come avrete visto in TV, sono laureato con un percorso di studi magistrale e sono cresciuto in un ambiente educativo volto a una crescita che potesse essere, un giorno, anche professionale. Purtroppo – ahimè – l’incontro col mondo del lavoro ha disilluso le mie aspettative. Nel tempo ho fatto svariati lavori, con passione e impegno, ma con alterne soddisfazioni.
Come mai sei stato invitato a Porta a Porta?
Premetto che non sono un vero fan del programma. Mi piace ascoltare dibattiti e mi accendo spesso per quello che dicono. Detto questo, era un periodo in cui, secondo me, in trasmissione mancavano argomenti vicini alla vita di tutti i giorni e in particolare ai giovani. Così, per critica e senza aspettative, ho mandato un messaggio attraverso Facebook al programma. Da lì, mi hanno contattato e sono andato in trasmissione.
Che esperienza è stata? Come ti sei trovato?
È stata una bella esperienza, molto interessante. Mi sono trovato bene con tutta la redazione. Un po’ meno, forse, in studio, al momento della diretta. La tensione di sapere dove sei e chi ti vede, sai. Mi sono reso conto, col senno di poi, di essere stato un po’ incompreso, su alcuni aspetti di ciò che portavo. Il rammarico è emerso rispetto all’intervista di un ragazzo come me che si è reinventato. Citando il mio caso, in confronto al suo, sembrava che io non avessi saputo sfruttare le opportunità.
E in realtà, invece, che opportunità hai avuto? Quali ti sei lasciato scappare?
Tendenzialmente non mi sono lasciata chiusa nessuna porta. Come ho detto durante la trasmissione, il mio treno non è mai deragliato e non è affatto andata male. Non mi sono mai dato per vinto e nonostante le difficoltà ho cercato di trovare i miei spazi.
Dunque, cos’è successo?
È successo che ho scoperto che i miei spazi potevano essere solo miei, che non dovevano essere incanalati in quelli degli altri. I treni che ci invitano a prendere all’università sono fatti di illusioni e preconcetti. Ci costruiscono un mondo professionale imbellettato, fatto di giacche e cravatte e canali diretti tra percorso di studi e mondo del lavoro. Il mondo d’oggi, ma forse anche quello di ieri, non è così.
Cos’hai capito?
Ho capito che dovevo e volevo dar sfogo alle mie passioni, che il mio desiderio era stare bene in qualcosa che mi appartenesse, ma non qualcosa che fosse tendenzialmente mio, piuttosto qualcosa che mi facesse sentire me stesso, con le mie desideri e i miei sogni.
In questa "illuminazione" come è entrato il mondo dell’usato?
Il mondo dell’usato è entrato di soppiatto, con calma, senza fulmini a ciel sereno. La mia illuminazione, certo, l’ho avuta, ma solo recentemente, dopo anni di passione per questo mondo magico che sono i mercatini.
Quindi è da tempo che ti appassioni all’usato?
Certo! Quando ero a Roma, durante gli studi, girovagavo, affascinato, per i mercatini, alla ricerca di cose speciali. Per me andare in questi negozi è un po’ come partecipare a una caccia al tesoro, dove non sai mai quale capolavoro ti si possa presentare davanti. Ho scoperto cose meravigliose, di valore culturale e anche economico.
C’è un oggetto che ti appassiona più di altri? Un pezzo che ti ha dato soddisfazioni particolari?
Mi piacciono molto i grammofoni, i vecchi videoproiettori, i giradischi. Ho comprato qualche tempo fa un grammofono funzionante a 50 euro: un vero affare!
E quando è nata l’idea di aprire un negozio dell’usato?
Mi è nata qualche tempo fa. Io e mio fratello passiamo molto tempo online alla ricerca di oggetti particolari e idee. Alla fine, tra l’uno e l’altro, ci siamo resi conto che passavamo piacevolmente il nostro tempo più fra gli oggetti usati che a fare altre cose. Il tempo che passavo online era più di quello che dedicavo al lavoro. E così abbiamo iniziato a informarci, a capire come si fa.
E come ti immagini il tuo mercatino?
Mi immagino quel mondo affasciante che ho conosciuto e visitato negli anni, in particolare nella zona di Roma, ma vorrei personalizzarlo dando attenzione all’antiquariato, al vintage, al passato. L’idea di far rivivere qualcosa che alle volte è stato dimenticato mi affascina. Sono un pittore, per diletto, e anche il mondo dell’arte mi appassiona.
Cosa vorresti dunque controbattere a chi ha detto “ridotto ad aprire un mercatino”?
Vorrei semplicemente dire che credo che la mia scelta sia stata letta attraverso una lente non mia. Non era un sintomo della disoccupazione, aprire un mercatino, ma della voglia di cambiare, di realizzare i miei sogni e di valorizzare finalmente me stesso. Questa crisi sta dimostrando che la professionalità così come ce la propinano sta svalutando la creatività, impedisce di vivere le passioni. Ci vogliono far credere che il mondo del lavoro sia fatto di cravatte e tailleur, perché l’hanno stereotipato, mentre è possibile, volendolo, realizzare i propri sogni anche nel mondo del lavoro. Noi giovani dovremmo ritrovare la capacità di farlo.
E allora in bocca al lupo, Francesco!
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