Tari o non Tari, questo è il problema.
La Tassa Rifiuti è un tema scottante nel mondo dell'usato, dato che le attività dedite al riuso non solo non producono rifiuti, ma aiutano a prevenirli, con la conseguenza di un risparmio ambientale significativo.
Scopriamo insieme di cosa si tratta, perché questa tassa andrebbe ridotta - se non abolita - per i negozi dell'usato e quali sono le ultime novità in merito.
Tari è l'acronimo di TAssa RIfiuti, ed è dovuta ogni anno da chiunque possieda o detenga locali e aree scoperte adibiti a qualsiasi uso, e suscettibili di produrre rifiuti urbani. La norma, introdotta con il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, è stata impostata per le utenze non domestiche.
I proventi della Tari servono a coprire i costi che il comune sostiene per lo smaltimento dei rifiuti, e vengono calcolati tenendo conto della tipologia di attività, della quantità di rifiuti prodotta, dei fattori territoriali e del numero di abitanti. Ogni comune poi determina l'importo da pagare considerando anche il piano finanziario degli interventi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, e la metratura delle aree tassabili.
La questione della Tari per i negozi dell'usato è da sempre una spina nel fianco, in quanto vengono assoggettati ad una tariffa molto elevata nonostante il loro tipo di attività, che prevede di ridare vita agli oggetti e quindi di prevenire la formazione dei rifiuti.
Questo accade perché per gli operatori dell'usato esiste ancora un vuoto legislativo. Il decreto sopra citato, infatti, non prevede la tipologia di attività che tali operatori esercitano e pertanto la categoria applicabile per un mercatino dell'usato è oggetto di interpretazione da parte dei comuni, che tendono a non considerare per tali esercizi il notevole risparmio ambientale da loro prodotto.
Mediamente un negozio dell'usato riceve un numero complessivo di 200.000 articoli ogni anno, per un carico stimato in circa 400 tonnellate di merce sottratta dal ciclo di smaltimento urbano. Le conseguenze sono piuttosto rilevanti: una grande riduzione di CO2 (circa 100 tonnellate/anno) con un beneficio ambientale che ricade sull'intero territorio comunale. Nel caso delle attività dedicate al riuso il numero di beni reimmessi in circolo supera di gran lunga i rifiuti che la stessa attività genera. Va da sé, quindi, che per i mercatini dell'usato che fanno prevenzione dei rifiuti dovrebbe applicarsi un incentivo economico al posto della tassazione.
La situazione per fortuna sta cambiando. A dicembre 2015 è stato fatto un primo passo in avanti con l'approvazione del Collegato Ambientale che prevede la possibilità per i comuni di applicare riduzioni tariffarie ed esenzioni della Tari per le attività che si occupano di prevenzione dei rifiuti e quindi, il settore dell'usato. Il problema è che un comune può anche non prevedere una riduzione sulla Tari per i mercatini, ergo la questione rimane ancora parzialmente irrisolta.
Un altro passo decisivo è stato fatto proprio negli ultimi giorni: è arrivata una nuova proposta di legge che prevede l'Iva al 10% sull'usato, un codice Atecofin per l'usato in conto terzi e, finalmente, gli sgravi per la Tari. Si tratta di una proposta che consentirà agli operatori del riuso di svolgere in piena agibilità e trasparenza la loro attività, sviluppandone appieno le esternalità positive in campo ambientale, occupazionale, sociale e culturale. L'approvazione della proposta dovrebbe essere veloce, nel frattempo il settore dell'usato resta con le dita incrociate.
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