Inghilterra, 1941. Sotto le bombe tedesche, la Croce Rossa ebbe un'idea per raccogliere fondi: i Charity Shops. Ad oggi si contano ormai 9.000 di questi negozi nel Regno Unito, ma cosa sono in realtà? E cos'hanno di speciale? Scopriamo subito qualcosa che in Italia non esiste, o quasi.
Un Charity Shop è molto più di un mercatino dell'usato, è un negozio di vendita al dettaglio gestito da un ente di beneficenza per la raccolta di fondi. Come funziona? Le aziende e i privati possono regalare qualunque cosa non sia più necessaria. Si tratta soprattutto di abbigliamento, calzature, libri, oggetti e decori per la casa.
Il guadagno ottenuto viene destinato, appunto, ad opere di beneficenza e a coprire le spese di amministrazione dei negozi. Al loro interno lavorano ogni giorno volontari appartenenti alla comunità, che prestano servizio per un numero limitato di ore settimanali. Soltanto il manager del negozio è stipendiato, in quanto lavora a tempo pieno. Oltre alla semplice vendita però, i volontari si impegnano molto a selezionare e sistemare i prodotti regalati, garantendo una certa qualità delle cose che mettono in esposizione.
E così, Londra, una delle città più care al mondo, offre in realtà un'alternativa più che preziosa contro gli sprechi e che ridistribuisce il denaro secondo il criterio del bisogno e non del profitto. Questa usanza, nel cuore degli inglesi da quasi 75 anni, è cambiata nel tempo, trasformandosi in un business che dona qualcosa di concreto alla comunità.
Le persone in Gran Bretagna non sono per niente imbarazzate a comprare usato, anzi, è un'azione entrata nella loro quotidianità. A dimostrazione di ciò, il fatto che i Charity Shops vengono frequentati da gente di tutte le fasce sociali. Là, i pregiudizi che in alcuni luoghi fermano i compratori (come l'assurdità che l'usato sia qualcosa di vecchio e sporco), non esistono più. Grazie anche all'organizzazione impeccabile e alla professionalità che distingue alcuni dei Charity Shops più famosi di Londra.
Ogni quartiere della metropoli inglese offre numerosi negozi di questo tipo, dove si può trovare davvero di tutto: anche telefoni a gettoni, dischi in vinile, audio cassette e videogiochi. Ognuno, poi, col passare degli anni si è specializzato nella vendita di qualcosa in particolare. I prezzi sono irrisori e gran parte del ricavato va ad associazioni caritatevoli ed umanitarie. Ecco qualche esempio:
I Charity Shops non rappresentano solo la raccolta di fondi, ma sono il simbolo di una missione comune: diffondere la cultura del dono e del riciclaggio, creare opportunità di volontariato e migliorare la qualità della vita di tutti.
La sopravvivenza e la diffusione di questi negozi è possibile anche grazie al fatto che beneficiano di una riduzione delle tasse sugli esercizi fiscali. Lo Stato riconosce l'utilità sociale delle charities (gli enti di beneficenza da cui i punti vendita prendono il nome) e ne favorisce lo sviluppo. Per di più, le aziende che donano ottengono degli sgravi fiscali e risparmiano sui costi di smaltimento!
Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale furono aperti circa 150 Charity Shops dalla Croce Rossa, il primo dei quali al 17 di Old Bond Street. E quello che all'inizio era un piccolo passo per aiutare le persone in difficoltà, oggi è diventato un efficace progetto pubblico per raccogliere denaro, diffuso nel mondo occidentale.
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