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Charity Shops: usato e beneficenza insieme
Mercoledì 21 Giugno 2017
Giulia Giarola

Charity ShopInghilterra, 1941. Sotto le bombe tedesche, la Croce Rossa ebbe un'idea per raccogliere fondi: i Charity Shops. Ad oggi si contano ormai 9.000 di questi negozi nel Regno Unito, ma cosa sono in realtà? E cos'hanno di speciale? Scopriamo subito qualcosa che in Italia non esiste, o quasi.

Un Charity Shop è molto più di un mercatino dell'usato, è un negozio di vendita al dettaglio gestito da un ente di beneficenza per la raccolta di fondi. Come funziona? Le aziende e i privati possono regalare qualunque cosa non sia più necessaria. Si tratta soprattutto di abbigliamento, calzature, libri, oggetti e decori per la casa.

Volontari pronti ad aiutare la comunità

Il guadagno ottenuto viene destinato, appunto, ad opere di beneficenza e a coprire le spese di amministrazione dei negozi. Al loro interno lavorano ogni giorno volontari appartenenti alla comunità, che prestano servizio per un numero limitato di ore settimanali.  Soltanto il manager del negozio è stipendiato, in quanto lavora a tempo pieno. Oltre alla semplice vendita però, i volontari si impegnano molto a selezionare e sistemare i prodotti regalati, garantendo una certa qualità delle cose che mettono in esposizione.

charity shop

E così, Londra, una delle città più care al mondo, offre in realtà un'alternativa più che preziosa contro gli sprechi e che ridistribuisce il denaro secondo il criterio del bisogno e non del profitto. Questa usanza, nel cuore degli inglesi da quasi 75 anni, è cambiata nel tempo, trasformandosi in un business che dona qualcosa di concreto alla comunità.

Le persone in Gran Bretagna non sono per niente imbarazzate a comprare usato, anzi, è un'azione entrata nella loro quotidianità. A dimostrazione di ciò, il fatto che i Charity Shops vengono frequentati da gente di tutte le fasce sociali. Là, i pregiudizi che in alcuni luoghi fermano i compratori (come l'assurdità che l'usato sia qualcosa di vecchio e sporco), non esistono più. Grazie anche all'organizzazione impeccabile e alla professionalità che distingue alcuni dei Charity Shops più famosi di Londra.

I Charity Shops più famosi di Londra

Ogni quartiere della metropoli inglese offre numerosi negozi di questo tipo, dove si può trovare davvero di tutto: anche telefoni a gettoni, dischi in vinile, audio cassette e videogiochi. Ognuno, poi, col passare degli anni si è specializzato nella vendita di qualcosa in particolare. I prezzi sono irrisori e gran parte del ricavato va ad associazioni caritatevoli ed umanitarie. Ecco qualche esempio:

charity shop

  • Il Cancer Research UK è un'organizzazione che vanta una catena di oltre 500 negozi, e come dice il nome s'impegna per aiutare la ricerca contro il cancro.

  • Traid, invece, è un ente che finanzia progetti di sviluppo sostenibile nelle zone più povere del pianeta. A Londra, dalle parti di Portobello, si trova uno dei suoi negozi ed è il prediletto da stilisti e giornalisti.

  • E poi c'è Oxfam, una delle più importanti confederazioni internazionali nel mondo specializzata in aiuto umanitario, che con i suoi 700 negozi in Inghilterra (molti di questi specializzati in libri di seconda mano) cerca di combattere la povertà nel mondo.

I Charity Shops non rappresentano solo la raccolta di fondi, ma sono il simbolo di una missione comune: diffondere la cultura del dono e del riciclaggio, creare opportunità di volontariato e migliorare la qualità della vita di tutti.  

La sopravvivenza e la diffusione di questi negozi è possibile anche grazie al fatto che beneficiano di una riduzione delle tasse sugli esercizi fiscali. Lo Stato riconosce l'utilità sociale delle charities (gli enti di beneficenza da cui i punti vendita prendono il nome) e ne favorisce lo sviluppo. Per di più, le aziende che donano ottengono degli sgravi fiscali e risparmiano sui costi di smaltimento!

Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale furono aperti circa 150 Charity Shops dalla Croce Rossa, il primo dei quali al 17 di Old Bond Street. E quello che all'inizio era un piccolo passo per aiutare le persone in difficoltà, oggi è diventato un efficace progetto pubblico per raccogliere denaro, diffuso nel mondo occidentale.


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Ciò che fino a oggi ha limitato la vendita dell’usato è stato un problema di percezione.
Quando una persona va al ristorante non si pone la questione se il piatto in cui mangia sia stato utilizzato da qualcun altro.
Eppure se lo chiede quando acquista un abito o un mobile di seconda mano.
Ma è palpabile l’evoluzione verso questo nuovo stile di vita.
Alessandro Giuliani
su Il Salvagente


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